Dare un nome alle cose

ottobre 20, 2015
Chiara Pasin

firenze, orientamento narrativo, dropout, neet, le storie siamo noi, convegno, 27 e 28 ottobre 2015

Si sente dire spesso che qualcosa inizia ad esistere solo nel momento in cui viene nominata per la prima volta. Dare un nome equivale al riconoscere un’identità, ad attribuirle una conformazione e uno spazio. Quindi, a vederla.

Nel nostro caso – però – la definizione, il vocabolo, l’acronimo sono arrivati dopo.
Sono comparsi quando si è ritenuto necessario trovare il modo per far luce su un fenomeno – due – difficili da delineare con precisione.

Si tratta dei termini “Neet” e “Dropout”, che rappresentano esattamente ciò di cui andremo a parlare tra pochi giorni a Firenze.

Cerchiamo di capirne qualcosa in più.

Con l’acronimo Neet si definiscono gli individui “Not in Employment, Education or Training”, ovvero non impegnati nello studio, né nel lavoro, né nella formazione.
Il primo impiego di questo termine risale al 1999, in un report inglese della Social Exclusion Unit. Da allora il fenomeno ha richiamato sempre più l’attenzione su di sè al punto da spingere a prendere provvedimenti per contrastarne la diffusione.
La principale difficoltà sta nel trovare una soluzione unitaria a questo processo di dispersione e disorientamento, che incrementa di anno in anno in Italia come all’estero (nel 2014 si parlava del 26% della relativa fascia di popolazione). Infatti, la composizione del suddetto gruppo di individui tra i 15 e i 29 anni risulta estremamente eterogenea e necessita, quindi, di risposte differenziate.

E poi ci sono i Dropout, coloro che non hanno completato il loro percorso di studi, e risultano così non appartenenti alle consuete e limitanti categorie. “Dropout” viene tradotto come un atto di rinuncia, una resa, un ritirarsi, un auto-emarginarsi.
Forse, però, c’è sotto qualcosa di più.

Durante le giornate del 27 e 28 ottobre ragioneremo innanzitutto in modo approfondito quanto qui appena accennato. Inoltre, verranno proposti ricerche, esempi e laboratori di percorsi di orientamento narrativo volti al recupero e al coinvolgimento dei ragazzi in questione.

Per accantonare i luoghi comuni, le semplificazioni e ridefinire in modo corretto le parole che usiamo.

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